sabato 13 ottobre 2018

 non riesco più ad avvicinarmi a Genesis, forse dovrei mollare tutto

Forse dovremmo tutti. Ma quella merda non è reale, quegli anni non lo sono, quello che ti lascia spesso non serve a niente se non ad appesantirci. La guerra è reale. Il bisogno che c'è di te è reale. Q u e s t o è reale. 


lunedì 1 ottobre 2018

Stringe Logan in un abbraccio improvviso per fargli scivolare un bigliettino nelle tasche. E' solo un attimo e il cuore le si riempie di paura, non dovrebbe essere il contrario? Non doveva solo passargli una cazzo di cosa senza che la vedesse Galen? Le risale in gola un'ansia che le rimbomba nel cuore, lo fa accelerare così forte che per un attimo le si appanna la vista e l'abbraccio diventa un appiglio. Un appiglio pesante che se ci pensa, diventa qualcosa di immensamente insopportabile. Un appiglio per affondare. Insensato. Deve lasciarlo andare, e si scansa con una smorfia seccata e il sangue sulla maglia.

Non sa perché Jenny e Caleb sono diventati il boato uno sparo, un fastidio, un'ossessione, un rimorso di ingiustizia che le strattona tutti i muscoli a ogni respiro. Non sa da dove le arrivi questa insoddisfazione costante, perenne, che non la fa dormire, eppure ha chiuso gente come Jenny e Caleb in bunker più stretti di quelle celle, molti giorni della sua vita, con divise sempre più prestigiose - e non è bastato saltare al collo di qualcuno, per sentirsi sollevati dalle responsabilità.

A casa non ci torna, e ormai in televisione la sua faccia rimbalza da un telegiornale all'altro, ride forte perché Jenny non ci ha mai creduto alla storia del militare e ora la sua foto in divisa è spiattellata ovunque, e Jenny non c'è. Non ha nemmeno un posto dove vuole tornare ora che è parcheggiata sotto casa di Logan, con un furgone intestato a una vecchia ottantenne di bellavista. Si è calata un berretto in testa e una sciarpa intorno al collo, ed è sprofondata con i piedi sui pedali, e il culo sul fondo del sediolino. Vorrebbe farsi una doccia, una doccia bollente, e respirare l'aria di un appartamento in centro, vorrebbe salire solo per affacciarsi su una città diversa da quella che vede sempre. Vorrebbe aprire il cellulare e scrivergli di aprire perché s'è persa Jenny come un mazzo di chiavi --uno stupido mazzo di chiavi, e ora non vuole stare sola, vuole uno stronzo da tormentare. Vorrebbe il tempo per tornare a stringerlo, per dirgli senza guardare niente, che tornasse indietro non lo farebbe, che non caricherebbe a testa bassa l'esercito degli Stati Uniti, per un branco di gente già spacciata. Che vorrebbe avere più tempo per pensare e meno tritolo nelle vene.

mercoledì 19 settembre 2018

A Genesis piace la gente, un maschio di due metri forte, temuto, amato, braccato e di successo. Non invecchia è un salvatore e non è mai lui a sbagliare sempre gli altri, non è mai fuori posto perché lui è la parte giusta della barricata.

A Clem Reed la gente non piace. La maggior parte delle volte è così concentrata su ciò che non va in lei, che quando incrocia un conoscente, un amico, le viene sempre voglia di svoltare in una stradina a testa bassa, fingendo pura e semplice distrazione. Rimarrebbe chiusa nella sua shell per giorni e giorni pur di non vedere il suo corpo fissato dagli sconosciuti, come se tutto il marcio di una vita intera fosse esposto lì tra le cicatrici, le smagliature sui fianchi, e la cellulite (perché sì le pare di averla vista in un riflesso di uno specchio, spuntare da una minigonna corta). Stare in piedi davanti alle persone le fa risalire alla testa tutti i suoi difetti. Sei donna e non hai voluto una famiglia (ma che donna sei?), non hai una casa decente da arredare, nemmeno delle creme anti rughe nel frigo (ma lo sai quanti anni hai? Sono tutti appollaiati sulle rughe, tra gli occhi e la bocca) hai solo vestiti trucchi scarpe che non ti valorizzano per niente (non lo sai che le donne troppo eccentriche sono volgari? E poi lo sai che dopo i trent'anni non puoi più vestirti da ragazzina?) non hai un marito magari è perché nessuno ti vuole, e poi il lavoro? Perché non ne hai uno stabile e vieni sempre licenziata? Sei troppo magra forse sei malata, sei troppo grassa forse sei malata, non hai cura del tuo aspetto e le persone trascurate non si vogliono bene, e le persone che non si vogliono bene non hanno autocontrollo. La guerra non ti ha insegnato niente? Ce l'hai un fondo pensione? Perché non riesci a smettere con questi antidolorifici una buona volta? 

C'è solo una persona con cui spegne il cervello, a cui non deve dimostrare niente, una persona più incasinata di lei. Una persona buona e pulita. 


- sei uno sfigato del cazzo.
Galen Grace è seduto su una sedia in cucina e fa finta di studiare i nuovi approcci farmacologici alla cura sul cancro ai polmoni quando risponde a Clem che si intrufola in casa alle sei di mattina 
- buon giorno anche te
- complessato di merda, depresso cronico 
Clem insiste, lui aggrotta la fronte più spiazzato che innervosito strofinandosi la barba ispida con le mani
- sai che forse hanno scoperto il modo per clonare i polmoni ed evitare il rigetto?
decide di non darle corda, perché non ci vuole un genio per capire che è sbronza dalla voce. Nell'alzare gli occhi capisce pure che ha il labbro spaccato, il sopracciglio destro aperto in due e un livido sotto un occhio, una coltellata alla spalla e --una bottiglia di birra che gli offre come regalo. 
- che cazzo hai combinato?
Scatta in piedi con un'occhiata a metà tra il rimprovero la preoccupazione e il sollievo di stringerla per le spalle e sbatterla a sedere. 
- mi dai un bacio?
- no sono sfigato, poi te lo mischio
non c'è molta ironia che trapela dalla voce, Grace è concentrato e sta mettendo in fila le priorità. Si ruba la birra, va a prendere disinfettante ago e filo. 
- chi è sfigato?
- lo hai detto prima
- no sei bellissimo giuro, ti stavo spiegando che c'è una malattia che ti clona i polmoni
- no quello ero io che ti spiegavo le ultime scoperte scientifiche
- scoprimi le mutante 
- stai ferma un secondo
- ho dei polmoni un botto arrapant--porcamerdamibrucia tutto

Galen rimette insieme i cocci cucendo la carne di Clem con l'angoscia nel cuore (dov'è stata, perché si riduce così, se me lo diceva prima potevo andarla a prendere). A volte sbotta a ridere perché le conversazioni con Reed ubriaca non hanno mai senso, a volte se la bacia tutta piena di sangue, a volte deve scendere a compromessi, a volte è lui che non vuole sentire ragioni. A volte è lui che torna rotto, ma si da sempre una ripulita prima di mettere piede in casa, e Clem a volte fa finta di non vedere i lividi o le cicatrici nuove, a volte minimizza e gli dice che è troppo più scarso di lei a combattere, e poi si chiude nel bagno a piangere. A volte è lei che cerca di prendersi cura di lui, e allora sbaglia tutto: prende il ghiaccio quando non serve, usa l'alcol come disinfettante, gli tocca le ferite con le mani sporche, va a comprargli i farmaci sbagliati. A volte si stanca e sparisce, a volte vuole solo scoparci insieme, a volte si sforza di rovinare tutto perché a Clem Reed la gente non piace.

Galen Grace però è un uomo ostinato e alle maree ci è abituato, sa che ci saranno momenti in cui verrà travolto, e momenti in cui potrà risalire a galla a respirarle addosso senza farsi male.

lunedì 16 aprile 2018

Nel primo pomeriggio un edificio lungo la South Street, dove alcuni volontari consegnavano cibo ai senzatetto ed i cittadini più poveri, è stato raso al suolo da due missili; l'attacco è avvenuto proprio mentre veniva servito il pranzo, probabilmente per causare il maggior numero di vittime.

I soccorsi hanno estratto solo cadaveri dalle macerie, che si aggirano intorno ai quaranta.

Una power shell nera e con led rossi -  racconta l'unico superstite alla strage, un anziano ricoverato più volte per tossicodipendenza - mi ha impedito di entrare e poi ha sganciato due siluri sull'edificio. Poi mi ha guardato ed ha detto che adesso Luca Lombardi riposa in pace.


Messaggio ricevuto da --- il giorno 16 Aprile 2018 alle 03:21
Che merda, killer bee. Se avessi un amico depresso e un po' melodrammatico - non so se hai presente la categoria - ti racconterebbe la storia della rana e dello scorpione.
Io invece ti dico che i danni collaterali capitano di continuo, la gente muore ovunque continuamente perché non esiste una giustizia cosmica. Quindi non ci pensare e bevici sopra, se ti fermi a contare i morti che hai sulla coscienza perdi di vista i vivi da salvare.

A questi cani gli fottiamo la vita.


domenica 1 aprile 2018


sai cosa penso? Penso che tu creda di essere irrecuperabile tanto quanto lui, penso che c'è stato un momento in cui hai creduto che salvare lui ti avrebbe dato un briciolo di speranza. Che quello che dice, lo pensi anche tu la notte. Che infondo anche tu credi nella violenza, e hai smesso di ascoltare le chiacchiere della società civile, che hai chiuso con tutto quello che gli altri considerano giusto e normale da molto tempo. Che i morti che leggi dentro i suoi occhi, ti ricordano i tuoi di morti, i tuoi conti in sospeso. E un po' ci godi a vederlo sputare sangue, un po' ti fa stare bene saperlo al capolinea quando ti rigiri la foto della tua famiglia tra le dita(tu quante ne hai uccise Reed? Dove sono i tuoi di rimorsi?). Lo senti il dolore della tua coscienza?  

martedì 27 febbraio 2018


Brandy
Non è solo un appartamento quello dove Brandy e Clem si dividono il tempo, quando il tempo stesso glielo permette e riesce a tenerle unite. Non è solo un appartamento è uno stato d'animo, la casa è vuota, spoglia, ha un vetro rotto che nessuno ha mai riparato e ci sono delle sedie e nessun tavolo intorno al quale riunirle, e le pareti sono piene di fogli di plastica sorridenti, foto di morti sepolti sotto macerie troppo grandi per fare rumore.

Insonnia. Disinteresse.

Brandy è seduta a terra, sopra la sua testa c'è la foto di un carro armato, i capelli corti sono impastati di polvere, e gli occhi grandi fissano Clem immersi nella desolazione, nella rabbia. Non sa che è stata portata su un altro pianeta, chiusa in gabbia, costretta a combattere. Non sa nemmeno che Clem ha pensato a lei tutto il tempo. Tutto il cazzo di tempo.

- sei sparita, e ora mi chiedi di venire con te a Detroit

Clem è appoggiata alla finestra distrutta da un impeto di rabbia che si è portato via il vento, e le ha lasciato solo un gelo infinito nelle ossa. Ha un laccio al braccio e un ago in vena. Non risponde.

- dove sei stata

Mi dispiace è quello che vorrebbe dire. Mi dispiace. Ma spinge solo l'ago più a fondo, lasciando Brandy da sola, ancora, con dei tagli sulle braccia che si fa ogni volta che cerca attenzione da Clem, ogni volta che vorrebbe spiegarle quanto la solitudine la faccia impazzire

- mi stai ascoltando?

La coltellata di estasi lascia Clem con la bocca asciutta, e la nuca rovesciata contro la cornice della finestra, e una guancia appoggiata sul vetro crepato, che incide un taglio sottile. A stento riesce a sentire il sangue caldo gocciolarle fin dentro il collo della felpa.

- non mi sono mai sentita così presente e così distaccata

Per un attimo ha l'impressione che tra un battito e l'altro, l'anima le si sia staccata dal corpo, perché ha un freddo cane, sta sudando, e vorrebbe sentire la scossa del dolore mortificato, dell'inadeguatezza, ma non arriva niente, solo un inverno impietoso.

- fai le valigie, stanotte ho una questione da risolvere. Poi ... torno.

venerdì 23 febbraio 2018


- Somalia

Ciao Mà,
da noi in Somalia sono le sei del mattino, e ti chiedo scusa in anticipo se faccio errori nella lettera, o se inizio a perdere il filo, ma tra il rumore dei mortai e quello dell'artiglieria aerea che ci supporta faccio difficoltà ad ascoltare i miei stessi pensieri. 
Da noi le cose vanno bene, siamo in missione di pace ma la gente qua ci odia come ci odia Noah, che non mi ha mai risposto alle lettere. Oggi siamo andati al mercato di Mogadiscio, ci stava una donna con un cesto in testa, lo teneva in bilico. Per caso l'ho urtata, e l'ho aiutata quando sono cadute una valanga di arance. Un tizio mi ha insultato - credo, perché non capisco la loro lingua ma aveva il disprezzo in faccia - e poi mi sono girata e tutti stavano lì a fissarmi. L'ho solo urtata e quelli mi guardavano come se l'avessi sparata in testa. Mi sembrava di essermi rimpicciolita tutta insieme sotto la divisa, che mi stava larga, e brutta. Mi sono vergognata come una ladra, come quando mi sono pisciata sotto a sei anni in classe. E più si accalcavano e mi accerchiavano, e più mi rimpicciolivo, e non mi ricordavo più da che parte stava il calcio fucile. Non ho capito manco una parola di quelle che mi hanno tirato dietro, e quanto è brutto stare in mezzo alla gente senza poter comunicare. Quando vorrei una shell Mà, la dentro nessuno ti vede se stai piangendo, e mi sa che a me mi hanno vista che avevo gli occhi pieni di lacrime. Che figura di merda Mà. Però è okay Mà, Jacob Teller un tizio proprio rompicoglioni forte, mi ha tirato via, e tutti si sono allontanati, come le ombre quando torna il sole che si ritirano come formichine.

Non ho mai sparato te lo giuro Mà, siamo in missione di pace. Glielo dici tu a Noah, che non deve vergognarsi di dire ai suoi amici dell'università che c'ha la sorella con la divisa?
Ti lascio Mà, che tra il rumore dei mortai e quello dell'artiglieria aerea non riesco più a sentirmi la testa, ma l'affetto che ho per voi non lo può coprire nessun suono.


- Iraq

Ciao Noah,
ho smesso di scrivere a Mà perché ogni volta che riceve una lettera dal fronte scoppia a piangere due volte: la prima è perché pensa che è un telegramma di morte, la seconda è quando legge che sono viva, e capisce che ho allungato di qualche giorno il mio il suo strazio, e quello di Pà che sta tutto il giorno a lucidare quelle stupidissime medaglie. Mi hanno detto che hai una figlia, Jada c'ho la foto nel portafoglio. Vorrei vederla almeno una volta, ma non credo che riuscirò ad arrivare in tempo per il suo terzo compleanno, e non credo mi inviteresti.

Oggi uno dei miei uomini che doveva presidiare la metropolitana ha visto dei movimenti sospetti, ha avuto paura di fare controlli, di rimanerci secco. Si è girato di spalle ha detto al collega che andava sopra a fumare ed è scappato. Ci sono stati cinquecento morti, e mille tra intossicati e feriti. Ho perso tre uomini.

Mentre soccorrevo i feriti ho pensato che la mia paura più grande non è morire è quella di dimenticarmi lo schiaffo che mi hai tirato quando mi hai visto fuori dalla palestra a fumare e l'abbraccio che mi hai dato dopo, del modo in cui Pa' ha urlato come un pazzo saltando sui gradoni degli spalti quando ho vinto la gara di nuoto, e della faccia che faceva Mà quando mi passava sottobanco le sigarette a sedici anni.
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L'affetto che ho per voi va e viene, a volte non riesco a sentirlo perché c'è questo ronzio che continua a riempirmi la testa notte e giorno, e la polvere, le urla qui urlano tutti per tutto, e il freddo che t'ammazza e il caldo che ti soffoca.
Spero che tu possa perdonarmi per tutte le volte che sono tornata e non c'ero con la testa, per le volte che ho smesso di tornare, per tutte le volte che la mia divisa ti ha messo in imbarazzo. Per aver allungato di qualche giorno il mio e il tuo strazio.