venerdì 23 febbraio 2018


- Somalia

Ciao Mà,
da noi in Somalia sono le sei del mattino, e ti chiedo scusa in anticipo se faccio errori nella lettera, o se inizio a perdere il filo, ma tra il rumore dei mortai e quello dell'artiglieria aerea che ci supporta faccio difficoltà ad ascoltare i miei stessi pensieri. 
Da noi le cose vanno bene, siamo in missione di pace ma la gente qua ci odia come ci odia Noah, che non mi ha mai risposto alle lettere. Oggi siamo andati al mercato di Mogadiscio, ci stava una donna con un cesto in testa, lo teneva in bilico. Per caso l'ho urtata, e l'ho aiutata quando sono cadute una valanga di arance. Un tizio mi ha insultato - credo, perché non capisco la loro lingua ma aveva il disprezzo in faccia - e poi mi sono girata e tutti stavano lì a fissarmi. L'ho solo urtata e quelli mi guardavano come se l'avessi sparata in testa. Mi sembrava di essermi rimpicciolita tutta insieme sotto la divisa, che mi stava larga, e brutta. Mi sono vergognata come una ladra, come quando mi sono pisciata sotto a sei anni in classe. E più si accalcavano e mi accerchiavano, e più mi rimpicciolivo, e non mi ricordavo più da che parte stava il calcio fucile. Non ho capito manco una parola di quelle che mi hanno tirato dietro, e quanto è brutto stare in mezzo alla gente senza poter comunicare. Quando vorrei una shell Mà, la dentro nessuno ti vede se stai piangendo, e mi sa che a me mi hanno vista che avevo gli occhi pieni di lacrime. Che figura di merda Mà. Però è okay Mà, Jacob Teller un tizio proprio rompicoglioni forte, mi ha tirato via, e tutti si sono allontanati, come le ombre quando torna il sole che si ritirano come formichine.

Non ho mai sparato te lo giuro Mà, siamo in missione di pace. Glielo dici tu a Noah, che non deve vergognarsi di dire ai suoi amici dell'università che c'ha la sorella con la divisa?
Ti lascio Mà, che tra il rumore dei mortai e quello dell'artiglieria aerea non riesco più a sentirmi la testa, ma l'affetto che ho per voi non lo può coprire nessun suono.


- Iraq

Ciao Noah,
ho smesso di scrivere a Mà perché ogni volta che riceve una lettera dal fronte scoppia a piangere due volte: la prima è perché pensa che è un telegramma di morte, la seconda è quando legge che sono viva, e capisce che ho allungato di qualche giorno il mio il suo strazio, e quello di Pà che sta tutto il giorno a lucidare quelle stupidissime medaglie. Mi hanno detto che hai una figlia, Jada c'ho la foto nel portafoglio. Vorrei vederla almeno una volta, ma non credo che riuscirò ad arrivare in tempo per il suo terzo compleanno, e non credo mi inviteresti.

Oggi uno dei miei uomini che doveva presidiare la metropolitana ha visto dei movimenti sospetti, ha avuto paura di fare controlli, di rimanerci secco. Si è girato di spalle ha detto al collega che andava sopra a fumare ed è scappato. Ci sono stati cinquecento morti, e mille tra intossicati e feriti. Ho perso tre uomini.

Mentre soccorrevo i feriti ho pensato che la mia paura più grande non è morire è quella di dimenticarmi lo schiaffo che mi hai tirato quando mi hai visto fuori dalla palestra a fumare e l'abbraccio che mi hai dato dopo, del modo in cui Pa' ha urlato come un pazzo saltando sui gradoni degli spalti quando ho vinto la gara di nuoto, e della faccia che faceva Mà quando mi passava sottobanco le sigarette a sedici anni.
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L'affetto che ho per voi va e viene, a volte non riesco a sentirlo perché c'è questo ronzio che continua a riempirmi la testa notte e giorno, e la polvere, le urla qui urlano tutti per tutto, e il freddo che t'ammazza e il caldo che ti soffoca.
Spero che tu possa perdonarmi per tutte le volte che sono tornata e non c'ero con la testa, per le volte che ho smesso di tornare, per tutte le volte che la mia divisa ti ha messo in imbarazzo. Per aver allungato di qualche giorno il mio e il tuo strazio.



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