mercoledì 24 gennaio 2018


- Groundwater
Sono attorcigliate nel letto, petto contro petto, con le braccia fredde e gli occhi aperti nel buio. Un bacio sul mento, uno sulla guancia, uno sulla bocca, e un malessere che sfuma nel silenzio, mentre sfiora le garze che la compagna ha avvolte intorno alle mani. Si chiede se anche lei ha avuto il desiderio di spaccare qualcosa oggi. Se anche lei si è sentita impotente, arrabbiata, e colpevole.
Rimane tutta la notte a guardarla dormire con i crampi allo stomaco perché non vuole cacciare le pillole davanti a lei, e la fronte gelata di sudore con le mani intrecciate alle sue e gli occhi in fiamme che le bruciano mentre si ostina a fissare la luce di un lampione che illumina la strada. 

- Mi mancavi. Stare con te non potrebbe mai essere il surrogato di qualcos'altro.
- Mi manchi anche tu quando non ci vediamo per un po'.


- Non lo deve sapere nessuno. E' una debolezza.
scalcia un fiotto d'aria tremante, con gli occhi di Iris che le stringono il cuore in una fitta
- Nessuno lo saprà mai. I tuoi nemici sono i miei.

Da le spalle alla figlia di Athena con le parole di una lettera incastrate in gola

Sarebbe stato bello. Viaggiare e fare l’amore o come si dice da queste parti. Vivere in sintonia nonostante siamo esseri così dannatamente diversi. Forse. Ma non è la mia strada… Così spero solo che, rimanendo io ferma, presto il caso, le scelte o la nostalgia ti portino ad incrociarti di nuovo con me. 


- Ghost Road

le gira la testa, e ha ancora una nausea profonda a premerle sullo stomaco. E' nel cortile di un ex caserma con dei graffiti troppo simili a quelli che l'hanno tormentata non molte ore fa; dentro lo scheletro di una macchina, e anche questo la fa sorridere con un'amarezza disgustata, mentre qualcuno le sta addosso e cerca di spogliarla, e lei lo spintona, perché fa freddo e gli tira almeno un paio di gomitate nello spazio stretto di un paio di sedili sfondati, immersi in uno squallore, per sfilarsi i pantaloni troppo aderenti. Viene pressata dall'urgenza frenetica dell'altro, a cui oppone un'indifferenza svogliata, che non riesce a spacciare per languore, e per ogni mano sporca di terra che le si infila sotto la maglia, trattiene il fiato. Quando alza gli occhi bruciati dall'ossicodone sullo sconosciuto -brutalmente distante, si ricorda qualcosa che d'improvviso le riempie lo stomaco in un pugno di vuoto che le scivola tra le gambe, e non sa più se la vampata di calore che le brucia il corpo è solo un ricordo impigliato nella sua testa, o è lo sconosciuto che consuma la sua tensione barricato nelle macerie di una città distrutta.

non posso.
non posso e non voglio.
non posso e non voglio.

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